Arrestato don Nunzio Scarano e stavolta sono i magistrati di Salerno a incastrare “monsignor 500 euro”.
L’ex funzionario dell’Apsa, che ha trascorso quattro mesi a Regina
Coeli per corruzione, prima di essere trasferito in ospedale e poi avere
i domiciliari, adesso resta impigliato nell’inchiesta sul riciclaggio
condotta dal pm di Salerno, Elena Guarino. L’alto prelato è accusato di
aver prelevato 560 mila euro in contanti dal suo conto Ior per
estinguere un mutuo.
La somma sarebbe stata divisa in pacchetti da diecimila euro consegnati a 51 persone che li avrebbero cambiati in banca con assegni circolari
e poi depositati sul conto di Scarano sotto forma di donazioni. Le
operazioni sarebbero state eseguite tutte dall’ex commercialista del
sacerdote, Tiziana Cascone, che ha spiegato ai finanzieri del nucleo di
polizia tributaria di Salerno come funzionava il sistema Scarano.
L’inchiesta salernitana è nata dalla denuncia di un furto nella
casa-museo dell’alto prelato vicino al Duomo di Salerno. Scarano
denunciò il furto di sei quadri di De Chirico, uno Chagall, un Labella e
un crocifisso del Bernini, ma tutto apparve subito anomalo. Non c’erano
segni di effrazione sulla porta di ingresso, ai balconi o alle finestre
e il valore dei quadri (tra i sei e i sette milioni di euro) insospettì
maggiormente gli inquirenti. Come poteva un sacerdote che guadagnava 3.000 euro al mese possedere una fortuna del genere?
Arrestato a Roma, per aver tentato di far rientrare in Italia venti
milioni di euro appartenenti agli armatori napoletani D’Amico (che ne
disconoscono la paternità), disse al gip Barbara Callari che i quadri
erano regali di principesse e nobildonne che il sacerdote era solito
frequentare. La sua versione non ha mai convinto gli inquirenti. A
maggior ragione quelli di Salerno che, adesso, costringono di nuovo
Scarano a dover fare i conti con la giustizia.
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